I fagioli borlotti di Gambolò, nella Lomellina, sono nutrienti e ricchi di proteine. Coltivati da pochi agricoltori, hanno origini antiche e sono stati i protagonisti delle tavole contadine come sostituti della carne.
Gustosi, dal sapore delicato e rari… visto che hanno rischiato di sparire dalle campagne della Lomellina. Si tratta dei fagioli borlotti di Gambolò, prelibatezza assoluta, una coltivazione che pochissimi agricoltori ancora praticano. Un prodotto prezioso e d’eccellenza, da sempre chiamato la ‘carne dei poveri’ perché consumato dalle famiglie contadine che non potevano permettersi pranzi a base di carne ma altrettanto nutriente e pieno di proteine.
Dalla campagna alla tavola
La coltivazione necessita di terreni sabbiosi e vede una doppia raccolta: quella di luglio, con i fagioli ancora ‘verdi’, e quella di fine agosto inizio settembre con i fagioli ‘secchi’. Un alimento antico visto che le prime tracce di questa varietà autoctona risalgono, stando ad alcune fonti, al 1700. Nonostante siano un prodotto non facile da reperire, restano i protagonisti di alcuni piatti della tradizione come il Ris e faso (Risotto con i fagioli).
La ricetta del Risotto
Ingredienti per 4 persone: 280 g di riso Carnaroli, 280 g di fagioli di Gambolò, 80 g di pancetta a dadini, una cipolla, un bicchiere di vino rosso, 80 g di burro, 100 g di Parmigiano Reggiano, olio extravergine di oliva, qualche foglia di alloro.
Lessate i fagioli in un tegamino con acqua leggermente salata e lasciateli da parte per una decina di minuti. Nel mentre sciogliete metà del burro in un tegame e rosolate la cipolla tagliata sottile assieme alla pancetta. Aggiungete il riso e fatelo tostare versando il bicchiere di vino rosso. Mescolate bene sino a farlo evaporare. Per proseguire la cottura allungate con l’acqua dei fagioli, mettete una foglia di alloro, inglobate i borlotti e, se servisse, aggiustate di sale. Alla fine condite con un filo d’olio e mantecate con l’altra parte del burro e il Parmigiano Reggiano. Servite il risotto caldo aggiungendo, a piacere, un’altra spolverata di formaggio grattugiato. Da abbinare con un vino del territorio, come una Bonarda dai sentori fruttati, morbida e dal tannino equilibrato.